Artù è entrato a far parte della nostra famiglia il 31
ottobre 2003. Da quando ero andata a vederlo la prima volta contavo i giorni,
impaziente di portarlo a casa. Finalmente il veterinario ci telefonò: i
cuccioli avevano imparato a mangiare da soli e, visto che mamma Peggy
cominciava a perdere la sua pazienza, era arrivato per Artù e le sorelline il
momento di trasferirsi nelle loro nuove case. Durante il breve percorso in
macchina ero agitata ed emozionata, non vedevo l’ora di tenere in braccio il
mio cucciolo morbido e caldo. Arrivati a destinazione mi sono subito accorta di
come Artù fosse cresciuto. Quella pallottola di pelo placida e quasi immobile
che avevo visto solo pochi giorni prima ora era un vispo cucciolotto che non
stava fermo un attimo! Mi hanno dato un canovaccio che era nella sua cesta:
“Mettiglielo nella cuccia, così riconoscerà l’odore della sua mamma e non si
sentirà spaesato”, mi disse il veterinario. Quindi mi hanno messo in braccio Artù. Nei
giorni precedenti avevo mentalmente stilato delle regole per il nuovo arrivato.
Una di queste era: niente leccate sul viso. Queste mie ferree convinzioni sono
durate ben 10 minuti: tanto è lungo il viaggio in macchina da casa dei padroni
di Peggy alla mia. Il piccolo Artù per tutto il tragitto non ha fatto altro che
agitarsi, piangendo disperato, rifiutandosi ovviamente di starsene buono nella
scatola che avevamo preparato per lui. Arrivati davanti al cancello dei nostri
box ero disperata io: non sapevo più come fare per consolare quell’esserino che
mugolava. Mi sentivo Crudelia De Mon: avevo strappato un povero cucciolo alla
sua mamma e alle sue sorelline. In quel momento Artù ed io ci siamo guardati
negli occhi, forse per la prima volta, e fulminea mi è arrivata un’umida e
morbida leccata sul naso. Artù si è calmato e credo che la nostra inossidabile
amicizia sia nata proprio in quell’istante.
Entrati in casa, ho messo Artù nella cuccia insieme al
suo canovaccio. Il piccoletto, agitando la sua coda a fiammifero, è uscito e ha
iniziato a esplorare l’anticamera. Dopo due ore ci ha raggiunto in cucina: da
quel momento la casa era sua e noi la sua famiglia. Non ha più prestato il
minimo interesse al canovaccio, preferendo un più morbido cuscino e ha iniziato
ad attirare l’attenzione attaccandosi all’orlo dei nostri pantaloni. Si è capito subito che aveva un bel
caratterino, ma del resto è arrivato in casa nostra la notte di Halloween come
un vivace spiritello!
Inutile aggiungere che poi i baci di Artù sul viso
sono diventati una piacevole abitudine e anzi ora penso che non me ne dia mai
abbastanza, perché come tutti i cani con una certa personalità non dispensa
leccate a comando.
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