Artù non ama bagnarsi e detesta la pioggia. Inoltre è
terrorizzato dai tuoni che ha imparato subito ad associare al brutto tempo. Se
la giornata è grigia si guarda attorno sospettoso, pronto a rientrare in casa
al primo rumore vagamente simile a un tuono. Se poi quando si sveglia al
mattino già piove, rimane acciambellato sul letto con l’intenzione di non
muoversi da lì per tutto il giorno. Tuttavia almeno tre brevi giretti vanno
fatti. Così guardo in continuazione fuori, pronta a cogliere il primo momento
di tregua, lo chiamo ripetutamente, vado in camera, lo convinco a scendere dal
letto dopo un’abbondante dose di coccole, gli metto l’impermeabile, il
guinzaglio e via (tutto ciò comporta diverso tempo, così nella maggior parte dei
casi la momentanea schiarita è passata e si esce sotto il diluvio)!
L’impermeabile: è l’unico accessorio da cani cittadini che Artù tollera, anzi
apprezza (insieme al cappottino, aggiunto qualche anno fa). La cosa ha stupito
molto anche tutta la mia famiglia. Abbiamo acquistato il primo più per noi che
per lui: l’idea di dover asciugare il giovane Artù, pieno di energia e
scarsamente dotato di pazienza, tutto zuppo dopo ogni passeggiata ci è subito
sembrata un’impresa oltre la nostra portata. Così abbiamo preferito tentare di
mettergli l’impermeabile. Preparati al peggio da terrificanti racconti di altri
padroni di cani, siamo rimasti sorpresi che, dopo la ovvia diffidenza iniziale,
se lo lasciasse mettere con relativa facilità e che l’operazione diventasse di
volta in volta sempre più veloce e facile. Evidentemente detesta così tanto
bagnarsi da accettare di buon grado quella cosa che lo ripara dalla pioggia. Quando
usciamo, io con l’ombrello e lui con l’impermeabile, siamo guardati con invidia
dai molti che, dopo inutili lotte, dovranno fare i conti con un cane
completamente bagnato, tutto da asciugare.
Normalmente quando è in giro Artù si ferma ad annusare
ad ogni angolo, facendo diverse piccole firmette. Quando piove, invece,
concentra in una sola e lunga volta il suo desiderio di marcare il territorio
subito fuori dal cancello e, appena svoltato l’angolo della nostra via,
rigorosamente all’asciutto sotto i balconi, completa le sue necessità. Non c’è
nessuna ragione per rimanere all’aperto più a lungo, così si gira e mette il
turbo per tornare a casa. Lui quasi
corre, io affannata lo seguo a passo svelto all’altro capo del guinzaglio
dicendo inutilmente “Vai adagio… piano!” e pensando ogni volta che, se Artù
fosse solo un po’ più grande, sarei protagonista di scene comiche come quelle
delle strisce di Sansone o dei film
del cane Beethoven.
L’impermeabile gli ripara il corpo, non la testa, né
le zampe. Così quando rientriamo in casa inizia il gioco! Per prima cosa devo
togliergli l’impermeabile. Con gli anni si è calmato, ma inizialmente
l’operazione implicava dei placcaggi in stile rugby con tanto di finte e corse
per tutta la casa. Poi prendo la salvietta. Per i primi minuti sta fermo perché
davvero non gli piace sentirsi bagnato, poi tenta di afferrare la salvietta. Si
finisce per fare tiro alla fune (all’asciugamano in questo caso) con tanto di
ringhi da lupo della steppa da parte sua. Se prendo due salviette,
lasciandogliene una per giocare, è inutile perché vorrà sempre afferrare quella
che sto usando per asciugarlo. Alla fine a me sembra di aver fatto un’intensa
sessione di palestra, mentre Artù mi guarda agitando la coda e strusciando la
testa sui miei pantaloni, non per fare le feste, ma perché è ancora umida e
cerca di asciugarsela da solo. Mi siedo e lui subito fa altrettanto tra le mie
ginocchia: siamo sopravvissuti alla pericolosa uscita sotto la pioggia, ci
meritiamo le coccole!
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